TRIBUNALE ORDINARIO DI MANTOVA Seconda Sezione Civile Ordinanza, art. 23, legge 1° marzo 1953, n. 87. Nella causa civile iscritta al n. R.G. 3980/2019 il giudice istruttore dott. Giorgio Bertola letto il ricorso depositato da Galbiati S.r.l. in data 28 novembre 2019; Rilevato che il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 7, lettera f) del decreto-legge n. 18/2020, convertito nella legge n. 27/2020 cosi' come modificato dall'art. 3, comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 28/2020 ritenendo la questione rilevante e non manifestamente infondata per i seguenti m o t i v i 1. - Rilevanza In ordine alla rilevanza della sollevanda questione di legittimita' costituzionale si osserva: il giudice a quo e' chiamato a trattare il procedimento R.G. n. 3980/2019 chiamato alla prossima udienza del 26 maggio 2020 con le modalita' di trattazione di cui all'art. 83, comma 7, lettera f) del decreto-legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, nella legge n. 27/2020 come da autorizzazione concessa dal Presidente del Tribunale con provvedimenti del 27 marzo e 5 maggio 2020. Alla prossima udienza i procuratori delle parti si collegheranno alla stanza virtuale del giudice messa a disposizione dalla direzione generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia per mezzo dell'applicativo Microsoft Teams. I procuratori delle parti potranno collegarsi alla stanza virtuale dai rispettivi studi professionali/private abitazioni. Al contrario il sottoscritto magistrato, in forza del disposto dell'art. 83, comma 7, lettera f), sara' costretto a recarsi in ufficio presso il Tribunale di Mantova che e' ricompreso nel distretto di Corte d'appello di Brescia. La norma che disciplina le modalita' di celebrazione della odierna udienza con collegamento da remoto non prevedeva, nella formulazione vigente al momento della entrata in vigore del decreto-legge n. 18/2020 poi convertito nella legge n. 27/2020, alcuna particolare disposizione quanto al luogo nel quale si doveva trovare il giudice per poter utilizzare il software Microsoft Teams e la stanza virtuale fornita dalla DGSIA. Solo con la modifica dell'art. 3, comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 28/2020 e' stata aggiunta la specificazione che «dopo le parole: "deve in ogni caso avvenire", sono aggiunte le seguenti: "con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario e"» cosi' obbligando il giudice a recarsi presso l'ufficio giudiziario per potersi collegare alla propria stanza virtuale Teams che invece tecnicamente potrebbe essere utilizzata a prescindere dal luogo fisico dal quale si trova collegato il giudice purche' abbia a disposizione una connessione internet, una webcam ed un microfono. Quanto alla rilevanza della questione sottoposta alla Corte costituzionale, e' pienamente consapevole il giudice remittente che, avendo la norma richiamata vigenza fino al 31 luglio 2020 data fino alla quale e' possibile ad oggi utilizzare tale forma di trattazione dei procedimenti civili, la questione si sarebbe potuta superare semplicemente rinviando la trattazione del procedimento ad una data posteriore al 31 luglio 2020. Si osserva tuttavia che il procedimento di cui si tratta pende dal novembre 2019 ed ha tra le sue parti una procedura concorsuale cosi' che la sua trattazione e' ex lege prioritaria cosi' che non era possibile differirne ulteriormente la trattazione. Tale condizione rende attuale la rilevanza della questione cosi' come richiesto anche dalla sentenza n. 91/2013 (red. Cartabia) dovendo necessariamente fare applicazione della norma oggetto della questione cosi' come prospettata. Ancora sotto il profilo della rilevanza appare necessario valutare se, ipotizzando che la decisione della Corte costituzionale possa intervenire in un periodo successivo al 31 luglio 2020, la questione rivesta il carattere di attualita' per come definito con costanza dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (per un esame della tematica si rimanda ai quaderni dell'ufficio studi della Corte costituzionale dell'ottobre 2016 ed alla raccolta di decisioni ivi contenute). Sul punto, in disparte il fatto che nulla impedirebbe alla Corte costituzionale ritenutane l'urgenza, di trattare la questione in data anteriore al 31 luglio 2020 poiche' gli artt. 25 e 26 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953 consentirebbero di adottare una decisione in appena quaranta giorni, si deve osservare che se e' pur vero che lo strumento previsto dalla lettera f) del comma 7 dell'art. 83, decreto-legge n. 18/2020 e' attualmente previsto solo fino al 31 luglio 2020, non e' possibile escludere che alla data del 31 luglio la situazione epidemiologica, che ha giustificato la sua introduzione, possa protrarsi soprattutto nei territori sui quali insiste l'ufficio giudiziario del giudice a quo che e' collocato nel distretto di Corte d'appello di Brescia al cui interno e' ricompreso anche il territorio di Bergamo e Brescia la cui situazione epidemiologica puo' certamente dirsi avere i caratteri del notorio quanto alla diffusivita' della pandemia da COVID-19 cosi' che la rimozione della norma sospettata di illegittimita' costituzionale appare necessaria alla luce della attuale situazione di fatto presente nel territorio lombardo e del suo possibile prolungamento. Per una migliore comprensione della diffusivita' del virus nel territorio lombardo appare utile riportare i dati aggiornati alla data dell'8 maggio reperibili sul sito istituzionale dell'Istituto superiore di sanita': Sintesi dei dati principali - Lombardia: 79.369 infezioni diagnosticate dai laboratori di riferimento regionale; eta' mediana 66 anni (0aa-100aa); 14.611 decessi. Parte di provvedimento in formato grafico Come ricorda la Corte costituzionale la questione deve essere attuale nel senso che il giudice remittente non deve aver esaurito il potere di decidere sulla questione la quale richiede l'applicazione della norma sospettata di illegittimita' costituzionale (sentenza n. 200/2014) come e' nel caso di specie considerato che il procedimento ex art. 702-bis del codice di procedura civile, non e' stato ancora deciso neppure quanto alla valutazione se operare o meno la sua conversione da rito sommario a rito ordinario. 2. - Non manifesta infondatezza In ordine alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, va osservato che l'obbligo di essere presenti in ufficio per il magistrato per poter utilizzare la connessione da remoto con Microsoft Teams, previsto dalla lettera f) del comma 7 dell'art. 83, decreto-legge n. 18/2020, e' un obbligo attualmente sancito esclusivamente per le udienze che deve celebrare il giudice civile non ritrovandosi analoga imposizione, quantomeno in modo cosi' esplicito, per qualsivoglia altro magistrato (sia esso penale, amministrativo, contabile, tributario). Neppure il giudice costituzionale ha ritenuto di imporsi la presenza fisica in ufficio per fare ricorso allo strumento telematico per trattare i procedimenti sottoposti al suo esame come si evince dal provvedimento del 20 aprile 2020 del Presidente della Corte costituzionale prof.ssa Cartabia nel quale si apprende che: 1) durante il periodo dell'emergenza epidemiologica, fino al 30 giugno 2020 e comunque sino a nuovo provvedimento, i lavori della Corte costituzionale proseguono secondo le seguenti modalita': a) la partecipazione dei giudici alle Camere di consiglio e alle udienze pubbliche puo' avvenire anche mediante collegamenti da remoto e il luogo da cui essi si collegano e' considerato Camera di consiglio o aula di udienza a tutti gli effetti di legge; b) le modalita' di cui alla lettera precedente possono essere adottate per ogni altra riunione della Corte, dei suoi giudici e organi interni, incluse le adunanze per deliberazioni amministrative, nonche' quelle dell'ufficio di presidenza, delle commissioni e dei gruppi di lavoro. La manifesta irragionevolezza e disparita' di trattamento che la norma, cosi' come modificata dall'art. 3, comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 28/2020, riserva alle modalita' di partecipazione all'udienza civile da parte del giudice e' resa ancora piu' evidente dal fatto che, nell'attuale situazione epidemiologica dei territori lombardi, essa costringe il giudice, per vero solo quello civile, a recarsi presso l'ufficio giudiziario esponendosi lungo tutto il viaggio e durante la permanenza nei locali del Tribunale, ad essere contagiato od a contagiare soggetti terzi laddove dovesse risultare un positivo asintomatico, il tutto al solo fine di poter utilizzare lo strumento informatico Microsoft Teams che al contrario potrebbe egualmente essere utilizzato con il collegamento da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario. Questo elemento espone inutilmente il giudice a rischi per la salute facilmente evitabili proprio grazie agli strumenti tecnici forniti dal Ministero della giustizia (art. 32 della Costituzione) che invece consentirebbero una trattazione dell'udienza da remoto in tutta sicurezza. La norma in esame appare irragionevole anche perche' omette di considerare se le dotazioni informatiche degli uffici giudiziari siano adeguate per sopportare il flusso di dati che verrebbe generato se tutti i magistrati dell'ufficio utilizzassero contemporaneamente la banda internet per svolgere udienza in collegamento da remoto come emerge dalle prime segnalazioni pervenute da svariati uffici giudiziari che segnalano difficolta' di collegamento nelle ore della giornata di maggior traffico. In tal senso conforta le valutazioni del giudice a quo anche il parere reso dal Consiglio Superiore della Magistratura n. 18/PP/2020 - Parere sul decreto-legge del 30 aprile 2020, n. 28: «Misure urgenti per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19.» - Settore civile (relatore consigliere Braggion). Nel parere si legge tra l'altro «In assoluta controtendenza rispetto a quanto precedentemente previsto dal decreto-legge n. 18, come convertito dalla legge n. 27 del 2020, e' la innovazione disposta dall'art. 1, comma 1, lettera c), decreto-legge n. 28/2020, per la quale "lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario", oltre che, come gia' previsto, "con modalita' idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti". E' difficile individuare la ratio di tale scelta del legislatore, in mancanza di una sua illustrazione nella relazione di accompagnamento, non risultando necessaria la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario per la celebrazione dell'udienza da remoto. Infatti, poiche' in ogni caso nessuna delle parti viene in contatto fisico con il giudice, la presenza fisica di quest'ultimo nell'ufficio giudiziario non aggiunge nulla quanto alla modalita' di espletamento del contraddittorio simultaneo e quanto alla sua qualita' intrinseca. Ne' tale presenza semplifica la gestione dell'udienza da parte del giudice o l'attivita' degli avvocati, i quali sono tenuti al rispetto delle medesime regole tecniche, senza che il primo possa richiedere un ausilio qualificato per risolvere eventuali inconvenienti tecnici. Dal momento che nella stragrande maggioranza dei casi l'udienza civile e' notoriamente celebrata senza la presenza fisica del cancelliere (ne' il decreto-legge n. 28 prevede l'obbligo della sua presenza in caso di processo da remoto), l'unica ipotetica giustificazione di tale presenza in ufficio sarebbe quella di garantire la funzionalita' dell'udienza da remoto. Si tratta, tuttavia, di una ipotesi che non puo' trovare riscontro nella realta', posto che e' evidente che tale assistenza, in quanto garantita mediante procedure di help desk da remoto, risulta fruibile anche dal domicilio del magistrato, mentre gli uffici informatici dei tribunali, in considerazione della loro ridotta dotazione, non sarebbero in grado di garantire interventi tecnici in tempo reale per tutti i giudici. Tutta da verificare, poi, e' la capacita' della rete informatica dei diversi uffici giudiziari di reggere il carico di lavoro conseguente allo svolgimento contestuale di numerose udienze da remoto. L'obbligo di presenza del giudice non trova spiegazione neanche nella necessita' che l'udienza sia preceduta da un rituale invito a partecipare rivolto agli avvocati. La formula utilizzata dalla disposizione contenuta nella lettera f) implica che la comunicazione avvenga tramite Pec a cura della cancelleria ("Prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti ed al pubblico ministero, se e' prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalita' di collegamento"), il che presuppone, naturalmente, che l'avviso sia disposto con congruo anticipo, per consentire la partecipazione effettiva, e non di certo il giorno dell'udienza. Ancora, la norma non puo' trovare giustificazione nella possibilita' che gli avvocati, le parti o gli ausiliari conservino comunque la possibilita' di recarsi fisicamente presso la sede fisica ove si trova il giudice, in quanto e' evidente che cio' contrasterebbe non solo, ovviamente, con il principio del distanziamento sociale, ma anche con la linearita' dello strumento, che mal si presta alla celebrazione di una udienza "ibrida", in parte in presenza e in parte da remoto. La necessaria presenza fisica in ufficio, peraltro, potrebbe inutilmente determinare l'impossibilita' di svolgere le udienze da remoto sia nel caso in cui vi sia una temporanea impraticabilita' dell'ufficio per la necessita' di sanificazione conseguente alla scoperta di casi positivi, sia nel caso in cui i giudici siano positivi asintomatici oppure, anche se negativi, debbano permanere in isolamento domiciliare a causa del precedente contatto con persone risultate positive. Va altresi' rilevato che la norma in esame, prevedendo la necessita' della presenza fisica del giudice nell'ufficio giudiziario, deve intendersi riferita sia all'organo giudicante monocratico sia a quello collegiale. In tale ultimo caso, pero', la norma non chiarisce se i componenti del collegio debbano essere contestualmente presenti nell'aula di udienza o se gli stessi possano mettersi in collegamento tra loro da remoto, ciascuno dal proprio ufficio o comunque da locali interni all'ufficio giudiziario. Deve, infine, evidenziarsi che l'art. 4, comma 1, intervenendo sull'art. 84, relativo al processo amministrativo - con disposizione analoga a quella dettata dall'art. 85, come modificato dall'art. 5 del decreto-legge n. 28 del 2020, sul processo contabile -, stabilisce che "il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto e' considerato udienza a tutti gli effetti di legge'', e quindi esclude l'obbligo di presenza del collegio presso l'ufficio giudiziario, con una soluzione opposta a quella relativa al processo civile. Peraltro, anche per il processo penale, ove consentito da remoto, non viene disposto alcun obbligo per il giudice di presenza fisica presso l'ufficio giudiziario (art. 83, comma 12-bis)». Come ben evidenziato nel parere proposto dalla sesta commissione del CSM, la norma appare irragionevole e contraddittoria anche con se' stessa nella parte in cui al comma 12-quinquies del medesimo art. 83 laddove e' previsto che: «12-quinquies. Dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, nei procedimenti civili e penali non sospesi, le deliberazioni collegiali in Camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati e' considerato Camera di consiglio a tutti effetti di legge». Tale previsione comporta quindi l'effetto irragionevole che il giudice civile, monocratico o collegiale, dovrebbe recarsi in ufficio per utilizzare Teams per collegarsi con i procuratori delle parti, le parti medesime od il CTU, tutti in collegamento dai propri luoghi personali, per poi invece, al termine dell'udienza, potersi spostare in un luogo diverso e meno soggetto all'afflusso del pubblico indifferenziato per collegarsi nuovamente con Teams con i membri del collegio per deliberare la decisione conseguente alla celebrazione dell'udienza svoltasi in ufficio, ma da remoto. La irragionevolezza della norma traspare pure dal tenore della relazione accompagnatoria al decreto-legge la quale non spiega le ragioni che rendano necessaria la presenza del giudice in ufficio (si veda sul punto il dossier n. 251 che, quanto alla lettera c) del comma 1 dell'art. 3 spiega che: «La lettera c) interviene sul comma 7, dell'art. 83, che elenca le misure organizzative che potranno essere adottate dai capi degli uffici giudiziari. In particolare, per quanto riguarda la possibilita' di svolgere le udienze civili mediante collegamenti da remoto (lettera f) del comma 7), il decreto-legge precisa che il giudice dovra' essere fisicamente presente nell'ufficio giudiziario; saranno gli altri partecipanti all'udienza - difensori, parti private, eventualmente pubblico ministero - che potranno collegarsi da remoto con l'ufficio giudiziario. Conseguentemente, le udienze civili (alle quali debbano partecipare solo difensori, parti e ausiliari del giudice, nonche' per quelle finalizzate all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione) possono essere svolte mediante collegamenti da remoto, con modalita' idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. L'individuazione e la disciplina di questi collegamenti sono demandate ad un provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, che e' stato emanato lo scorso 20 marzo. Nei casi in cui si intenda svolgere l'udienza mediante collegamento da remoto il giudice deve non solo dare congruo avviso alle parti e eventualmente al pubblico ministero dell'ora e della modalita' di collegamento, ma anche dare atto a verbale delle modalita' con cui si accerta dell'identita' dei soggetti partecipanti e, nel caso delle parti, anche della loro libera volonta'. Il giudice dovra' trovarsi presso l'ufficio giudiziario e di tutte le operazioni dovra' essere dato atto nel processo verbale»). La norma in esame si appalesa anche manifestamente irragionevole poiche' in contrasto con la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 1 del 2020 («Misure incentivanti per il ricorso a modalita' flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa»), che ha, in particolare al punto 3, indicato l'importanza del ricorso al lavoro agile, alla flessibilita' di svolgimento della prestazione lavorativa, nonche' a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e call conference). La predetta esigenza e' posta a fondamento anche dell'art. 87, comma 1 del decreto-legge n. 18/2020 laddove dispone che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, il lavoro agile e' la modalita' ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni e che la presenza del personale negli uffici deve essere limitata per assicurare esclusivamente le attivita' indifferibili che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro. Come si ricava proprio dal comma 12-quinquies dell'art. 83 del decreto-legge n. 18/2020 la presenza in ufficio non sarebbe affatto necessaria visto che «Il luogo da cui si collegano i magistrati e' considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge» cosi' che se il mezzo tecnologico e' idoneo per celebrare la Camera di consiglio, non e' oggettivamente comprensibile perche' non lo possa essere per celebrare l'udienza, peraltro solo quella civile perche' la limitazione vale solo per le udienze civili, considerato che lo strumento tecnico e' il medesimo sia per le udienze che per le Camere di consiglio.